C’è un momento magico durante il trattamento per l’obesità e i DCA: quello in cui i pazienti incominciano a familiarizzare con gli “strumenti” utili a gestire ogni tipo di situazione problematica.
Per spiegarci meglio utilizziamo questa metafora: quando per la prima volta una persona si
rivolge a noi si porta dietro due grandi “borse”, una piena del proprio problema (motivo principale della visita) al quale fino a quel momento non è riuscita a trovare una soluzione duratura e definitiva; l’altra “borsa” invece è vuota, ma di volta in volta nel corso della terapia va “riempita”con gli strumenti giusti, fino a diventare una vera e propria “borsa degli attrezzi” da utilizzare in ogni “occasione”.
Quali sono queste “occasioni”? Noi le chiamiamo “situazioni a rischio”. Per ognuno possono essere diverse, ma in generale le situazioni a rischio sono circostanze in cui rischiamo di utilizzare comportamenti disfunzionali che invece si vorrebbero eliminare e che ci fanno deviare dalla tanto ambita ricerca e raggiungimento dell’ equilibrio pscico-fisico. Un esempio di comportamenti disfunzionali possono essere: alimentazione emotiva, abbuffate, ricorrere al cibo o a un particolare tipo di cibo sempre in determinate situazioni, alimentazione notturna, perdere il controllo, ricorrere al vomito, digiunare ecc.
Le situazioni a rischio che ci inducono verso comportamenti disfunzionali si possono identificare in :
– Stimoli e situazioni esterne (feste, buffet, vetrine,disponibilità di cibo ecc.)
– Stati emotivi (noia, ansia, frustrazione, gioia ecc.)
– Pensieri e preoccupazioni per il cibo, il peso, il corpo e le forme corporee
– Particolari sensazioni fisiche (sentirsi grassi, gonfi ecc.)
A loro volta le situazioni a rischio possono essere di tre tipi:
$ – Improvvise (es. : camminando per strada mi sono specchiata nei vetri di un auto e mi sono vista enorme)
$ – Prevedibili (es. : domenica sono invitata ad una cena a buffet e non so come regolarmi con il cibo)
$ – Ripetute nel tempo (es. : ogni volta che torno a casa da lavoro apro il frigo e mangio qualsiasi cosa).
A seconda del tipo di situazione a rischio possiamo utilizzare uno o più di uno “strumento” scegliendolo sapientemente dalla “borsa degli attrezzi”. Nel trattamento dell’obesità e dei DCA basato sul modello di terapia cognitivo-comportamentale, esistono 6 principali tecniche per gestire le situazioni a rischio:
$ 1. cose da dirsi e cose da fare (coping),
$ 2. problem solving,
$ 3. decentramento e distanziamento,
$ 4. ristrutturazione cognitiva,
$ 5. fare l’opposto,
$ 6. tecniche mindfulness (piena consapevolezza).
A prima vista queste tecniche potrebbero risultare “macchinose” e innaturali, in realtà una volta averci familiarizzato sono abbastanza semplici e immediate da attuare, ma soprattutto efficaci a lungo termine e versatili al punto da poter essere utilizzate in vari ambiti della vita.
Sarebbe difficile quanto improduttivo spiegarvele tutte insieme, per questo iniziamo a conoscerle una per volta, riportando degli esempi pratici per rendere più comprensibile una spiegazione che solitamente facciamo dal vivo con altri terapeuti oppure con il paziente in un vero e proprio lavoro di squadra basato sulla collaborazione e sulla partecipazione attiva in un percorso più completo e strutturato sulle esigenze individuali di chi abbiamo di fronte.
La prima delle sei tecniche per la gestione delle situazioni a rischio si chiama “Cose da dirsi e cose da fare”.
Questa tecnica è tra le più semplici ed è molto efficace per le situazioni in cui si sente un impulso improvviso a mettere in atto un comportamento disfunzionale.
Ad esempio quando si sente un impulso improvviso a mangiare del cibo in più di quello che si aveva pianificato nel caso dell’obesità o del disturbo d’alimentazione incontrollata o della sindrome d’alimentazione notturna oppure della bulimia nervosa, oppure un impulso a sabotare il programma di riabilitazione con pensieri e comportamenti disfunzionali come spesso accade per i pazienti affetti da anoressia nervosa ma anche dagli altri disturbi (spesso comunque si incontrano pazienti con tratti di questi disturbi e non con precisa diagnosi di un disturbo conclamato).
Può essere utile stilare in anticipo un “libretto di istruzioni”, con l’elenco di tutte le frasi da dirsi che si crede possano essere adatte alla propria persona, e avendolo a portata di mano (ad esempio memorizzato sullo smartphone), consultarlo nel momento del bisogno, oppure le “cose da dirsi” possiamo memorizzarle e ripeterle mentalmente come una sorta di mantra. Nelle cose da dirsi è importante “immaginarsi mentalmente” nella frase che si vuole ripetere, dunque creare una “ancora”, una nuova immagine mentale funzionale di se stessi ed “ancorarsi” a quella nuova immagine. Ricordiamoci che noi siamo uno specchio dell’immagine mentale che abbiamo di noi stessi.
Per comprendere meglio questa frase pensate semplicemente a come vede e sente una paziente con anoressia il proprio corpo (enorme, grasso, pesante ecc.) oppure provate ad eseguire il seguente esercizio di proiezione ed immaginazione (immaginate voi stessi nella seguente situazione):
immaginate di alzarvi dal posto in cui vi trovate e di andare a prendere un limone fresco, di media grandezza, di un colore giallo lucente, con foglie grandi e verdi.
Poggiate il limone sul tavolo, prendete un coltello e tagliate il limone in 2 parti.
Ora prendete un pezzo di limone, avvicinatelo alla bocca, strofinatelo sulla vostra lingua e poi addentatelo, fino a berne il succo.
Qual è la sensazione corporea che avvertite? Ipersalivazione? Brividi? Profumo del limone? Sensazione di avere il limone in bocca? Oppure cosa?
In realtà nessuna delle cose che avete immaginato è realmente accaduta ma ciononostante il vostro corpo ha reagito come se foste realmente in quella situazione (ipersalivazione, brividi, sensazione di assaporare e bere il limone ecc.).
Ritorniamo alle cose da dirsi…
Alcuni esempi di cose da dirsi possono essere:
$ – La fame è come un’onda: inizia, cresce, poi decresce e finisce (immagine);
$ – La fame è come un’onda e io posso farci surf (immagine del surf);
$ – La fame non è un’emergenza e può aspettare (confrontarsi col paziente su cosa ritiene un’emergenza);
$ – Io sono capace di gestire questa situazione;
$ – Io posso, io posso, io posso!;
$ – Penso alla fame come una nuvola nel cielo che arriva ma dopo un po’ si allontana fino a sparire dalla mia vista (immagine);
$ – Penso e percepisco il benessere che conquisto mangiando ciò che mi fa bene (far creare al paziente con un disegno un’immagine del benessere);
$ – Io scelgo il cibo, non è il cibo a scegliere me!
$ – Sto seguendo un programma di riabilitazione che mi aiuterà a superare la mia malattia.
Taluni pazienti si ritroveranno in alcuni esempi ma non in altri, ma è proprio questo il motivo per cui è importante stilare un elenco di cose da dirsi personalizzato ed adatto alla propria “situazione a rischio”. Ognuno di noi è infatti un universo unico e dobbiamo puntare su questa unicità per sfruttare al meglio questa e le altre tecniche.
La tecnica delle cose da fare è molto simile: consiste nell’attuare delle attività piacevoli e distraenti che rendano difficile il comportamento disfunzionale (mangiare in eccesso, pensare di saltare un pasto, specchiarsi continuamente criticandosi ecc.) nel momento in cui sentiamo la forte pulsione ad attuarlo.
Affinchè le cose da fare risultino efficaci, devono soddisfare tre principi fondamentali:
$ – Far passare il tempo (gli impulsi dopo un po’ finiscono, quindi facciamoci furbi: un tempo sufficiente può essere 30 minuti per riuscire a fronteggiarli abilmente)
$ – Rendere difficile la realizzazione del comportamento disfunzionale dal punto di vista pratico e logistico
$ – Procurare distrazione ed essere piacevoli.
Anche in questo caso possiamo memorizzare l’elenco delle cose da fare su smartphone o scriverlo su un diario, un post it, per poi scegliere tra le varie opzioni ipotizzate quelle che ci sembrano più adatte all’occasione.
Un esempio di cose da fare (tratto da elenchi stilati da diversi pazienti):
$ – Telefono ad un’amica, e se non risponde ne chiamo un’altra;
$ – Vado a fare una doccia;
$ – Scendo di casa e faccio una passeggiata;
$ – Gioco con il mio gatto/cane;
$ – Mi chiudo in camera e ascolto la mia musica preferita;
$ – Prendo un foglio, scrivo tutte le emozioni e le sensazioni che provo e infine lo straccio in mille pezzi;
$ – Vado a lavare i denti;
$ – Faccio degli esercizi di respirazione consapevole;
$ – Mi chiudo nella mia stanza e prendo a pugni e morsi il cuscino ed urlo ciò che voglio!;
$ – Guardo in streaming una puntata del mio telefilm preferito;
$ – Metto lo smalto mentre ascolto musica;
$ – Affronto la persona o la cosa che mi ha procurato dispiacere;
$ – Ricomincio la mia passione di quando ero bambino che ho abbandonato per lavoro.
Anche in questo caso invitiamo i pazienti a rendere l’elenco quanto più personale possibile.
Come potete notare, in un trattamento di tipo collaborativo rispetto ad un trattamento di tipo prescrittivo, è il paziente che acquisisce e sperimenta tutta una serie di abilità che gli consentono di raggiungere e soprattutto di conservare nel tempo gli obiettivi prefissati. Inoltre, è lo stesso paziente ad avere la piena responsabilità del suo cambiamento, consapevole che i risultati sono direttamente proporzionali all’attuazione e all’allenamento di queste abilità, dunque è il paziente, e soltanto il paziente, il centro della sua terapia, dei suoi miglioramenti e della sua guarigione.
A presto e al prossimo approfondimento.
Leggi anche: Corso pratico obesità e DCA 2016
https://adepo.it/category/corsi-ed-eventi
Dott. Mario Russo, Dietista – Esperto in alimentazione, dietetica, educazione alimentare e nutrizione;
Formazione specifica nel trattamento cognitivo-comporamentale dell’obesità, dei disturbi alimentari e dell’immagine corporea;
Presidente ADEPO – Associazione di Dietetica E Psicologia per l’ Obesità e il sovrappeso;
Dott.ssa Viviana Valtucci, Dietista e Nutrizionista – Esperta in alimentazione, dietetica, educazione alimentare e Laureata in nutrizione umana;
Formazione specifica nel trattamento cognitivo-comportamentale dell’obesità, dei disturbi alimentari e dell’immagine corporea;
Vice Presidente ADEPO – Associazione di Dietetica E Psicologia per l’ Obesità e il sovrappeso;
Fonti bibliografiche:
$ – “Perdere e mantenere il peso, un nuovo programma cognitivo comportamentale” di R. Dalle Grave
$ – “Il peso del corpo” di R.Ruocco, P. Alleri
$ – “La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione” di C.G.Fairburn
– “PNL per i medici”, l’arte e la scienza del linguaggio per la guarigione di G.Thomson e K.Khan